Immaginiamo di svegliarci improvvisamente nel 1974. Il 13 maggio di 37 anni fa: il 59,% dei votanti italiani, tramite referendum popolare, sceglie di mantenere la legge sul divorzio approvata dal Parlamento quattro anni prima. Il movimento femminista esulta, dopo una lunga battaglia per i diritti civili. Le donne italiane si sentono più forti e libere di decidere del loro destino, in una società in continua evoluzione. Una bella vittoria che precede di qualche anno un altro referendum, quello sull’aborto. Il 17 maggio 1981, il 68% dei cittadini italiani che si recano alle urne decide di non abrogare la legge sull’aborto, la n.194 approvata nel 1978. La donna ha ormai acquisito consapevolezza delle proprie capacità e delle proprie scelte, è sempre più emancipata e pian piano inizia a inserirsi anche nel mondo del lavoro, arrivando ad occupare posizioni di guida.

13 febbraio 2011: sono passati quasi trent’anni dal referendum sull’aborto e poco meno di 40 da quello sul divorzio, ma l’indipendenza e il rispetto del sesso femminile e delle sue scelte rimangono ancora una faticosa conquista da difendere. Certo la situazione è diversa da trent’anni fa: ora le donne hanno pieni diritti e la possibilità di esercitarli e, pur tra mille difficoltà, possono dimostrare le loro capacità e realizzarsi in ambito lavorativo, nella sfera “pubblica” prima riservata solo ai “maschi”. Eppure molte di esse si sentono costrette a manifestare, nelle piazze d’Italia, per difendere la propria dignità. Rivendicano il diritto “al rispetto e alla considerazione”, come se oltre 40 anni di battaglie sociali e civili non siano comunque riusciti a cancellare l’idea della donna come “oggetto” o nel migliore dei casi madre di famiglia e “angelo del focolare”.

“La donna oggetto, la bistecca che respira, la puttana da usare, la sciocca segna posto, da sedere su una poltrona pubblica come una bambola di porcellana da quattro soldi, è sempre lì dietro l’angolo, con tutto il corredo squallido di battute sconce e miserabili”, scrivono le promotrici della manifestazione di domenica, “Se non ora quando” per la difesa della dignità femminile . “E il fatto di accedere a professioni prima solo maschili è stato per molte di noi un miraggio”. “Ci ha fatto credere che ormai fossimo al sicuro da ritorni al passato, ma quello che sta accadendo oggi ci dice in modo allarmante che non è così”.

Non serve ricordare come il corpo della donna in gran parte della pubblicità e dei programmi televisivi in onda in Italia sia mercificato e ridotto a un semplice oggetto di “desiderio maschile”. Non serve ricordare le tristi immagini offerte dalle feste di Arcore, di escort e ragazze molto giovani pagate per soddisfare il voyeurismo di anziani ricchi e potenti. E tanto meno serve ricordare come un certo tipo di cultura televisiva abbia alimentato la “teoria del sospetto” (per la quale spesso le donne in carriera sono considerate prostitute vendutesi al potere) per dire che l’Italia sta regredendo.

Facendo un paragone con altri Stati europei, anche meno ricchi dell’Italia come la Spagna, la situazione attuale delle donne nel nostro Paese è davvero allarmante. Nel governo del premier spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero sono 7 le donne ministro e una di esse è la portavoce del Paese sulla scena internazionale, la ministra degli Esteri, Trinidad Jimenez. L’occupazione femminile, inoltre, nello Stato iberico, nonostante la crisi, ha registrato dei miglioramenti: nell’ultimo trimestre del 2010 è cresciuta di 28mila unità rispetto ai tre mesi precedenti e comunque è ancora superiore al 50%.

Ma la Spagna è solo un esempio: secondo dati Istat, la partecipazione delle donne italiane alla vita economica del Paese è “persistentemente inferiore” a quella del resto d’Europa. A gennaio scorso il tasso di occupazione femminile in Italia era al 46,1%, lontano di quasi dieci punti dalla media europea (pari al 56,5%) e non è migliorato molto nell’ultimo anno. Nel 2011, nel nostro Bel Paese, più della metà delle donne non ha un’occupazione e non ha accesso al mercato del lavoro. Se poi una donna è anche madre, ecco che il tasso di occupazione precipita vertiginosamente. Non è un mistero, infatti, che i servizi di conciliazione al lavoro per le donne in Italia siano piuttosto scarsi e che il nostro Paese risulti essere agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda l’indice di copertura degli asili nido.

E allora, ecco che il guadagno facile, tramite la mercificazione del proprio corpo, per donne giovani e di bella presenza, rischia di diventare un traguardo. Fortunatamente, ancora non è così e la maggioranza delle donne italiane non si riconosce nel modello televisivo della escort berlusconiana. Tuttavia, si rende necessario, dopo tante battaglie per i diritti civili fatte nel nostro Paese, far conoscere ai cittadini e ai telespettatori quell’esercito femminile che non ci sta, che non accetta la mercificazione e continua a chiedere a gran voce un governo migliore e, soprattutto, un sistema di welfare migliore che permetta a donne, madri e lavoratrici, di contribuire alla crescita economica e civile della nazione.

Giorgia Lamaro -ilmegafono.org