La commemorazione di  Beppe Alfano richiama alla memoria una vicenda che merita sempre più di essere approfondita ed analizzata. Dietro l′omicidio del “professore” di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), infatti, aleggia ancora una sorta di mistero che rende poco comprensibile cosa sia realmente accaduto l′8 gennaio del 1993. Oggi, a 18 anni dall′omicidio, non ci resta che ricordare ed ammirare la figura di un professore di educazione tecnica innamorato del giornalismo d′inchiesta; la figura di un uomo onesto, caparbio e colmo di passione per la verità, per tutto ciò che è nascosto e che deve essere scoperto. In questo, Beppe Alfano fu un grande maestro. Ma procediamo con ordine. Professore di scuola media, egli non ricevette mai (se non dopo la sua morte ) il tesserino di giornalista, ma ciò non gli impedì di inseguire  con grande impegno quella che, come detto, fu la sua più grande passione: il giornalismo d′inchiesta. Incominciò dapprima con alcune partecipazioni nelle radio e televisioni locali, poi passò a La Sicilia, uno dei quotidiani più importanti dell′isola, con il quale collaborò sino alla sua morte.

Alfano fu l′unico, nella sua città, ad avere il coraggio di compiere egregiamente il proprio lavoro. O forse fu semplicemente il più bravo nel compierlo. Anche allora, così come oggi, pochi giornalisti, peraltro mal pagati, trovavano l′opportunità di scrivere di mafia, omicidi, ecc. Beppe Alfano fu il migliore. Molte furono le indagini che si rivelarono determinanti nel proseguo della propria carriera di giornalista: scoprì una truffa a danno dell′Ue sul commercio degli agrumi; dalla sua penna scoppiò lo scandalo dell′Aias di Milazzo (un centro di assistenza rivolto ai portatori di handicap), nel quale vi furono casi di clientelismo e di mancato pagamento nei confronti dei lavoratori; svelò persino un traffico internazionale di stupefacenti e di armi provenienti dal Sud America. Ma c′è dell′altro. Furono infatti alcune sue intuizioni (una venne confermata poco dopo la sua morte) a portarlo in cima alla lista nera di cosa nostra.

Secondo il giornalista, Barcellona Pozzo di Gotto, così come l′intera provincia messinese, svolgeva un ruolo ben preciso nello scacchiere mafioso; un ruolo piuttosto importante che fungeva  da punto di contatto tra mafia catanese e corleonese e da “sede” per la latitanza dei capi mafiosi in tempi poco tranquilli. Alfano, infatti, fu l′unico a capire che proprio da quelle parti si nascondeva il potentissimo Nitto Santapaola, boss della mafia catanese, e che proprio nei pressi della sua casa importanti elementi di una loggia massonica erano soliti riunirsi il venerdì sera. Questo, stando a quanto confermato dalla figlia, Sonia, sarebbe ciò che gli inquirenti trovarono nel suo computer dopo l′omicidio. “ Mio padre – afferma l’eurodeputata in un intervista rilasciata al blog Byoblu – poco prima di morire, scrisse che tutti i venerdì sera dopo le 22.00 nei pressi di casa nostra a suo giudizio si riunivano esponenti di spicco di una loggia massonica coperta da rito scozzese (un particolare rito massonico, ndr)”.

Tutto ciò, comunque, non è stato ancora confermato, ma restano ugualmente molte ombre sul fatto che il giorno dell′omicidio vi fossero diversi elementi dei Ros e persino del Sisde. Una presenza casuale quella dei servizi segreti? O c′è dell’altro che non è stato scoperto? Il caso, quindi, non è ancora risolto. Resta da chiedersi se la morte di Beppe Alfano abbia cambiato qualcosa nella “provincia babba” messinese e se Barcellona abbia compreso la gravità della perdita di un uomo così onesto. A questo risponde ancora la figlia Sonia che nella stessa intervista lascia trapelare alcuni spiragli di speranza, specie nei giovani che, come è possibile leggere dalle sue parole, si sono dimostrati interessati e molto comprensivi.

Non un commento merita invece la gente del paese, ancor troppo chiusa nell′omertà mafiosa e spesso vicina agli ambienti poco puliti. Per anni, infatti, durante la commemorazione di Beppe, Sonia e tutta la gente accorsa dall′Italia intera hanno dovuto sorbirsi le provocazioni di gente che, puntualmente, ha riempito di insulti la memoria di un uomo che ha rappresentato e rappresenta, nel bene, uno spicchio di Sicilia. Fortunatamente, in occasione dell′ultimo anniversario, tutto si è svolto nella normalità. Chissà che questa non diventi una prima, piccola vittoria nei confronti della mafia. In onore di Beppe Alfano e di tutti i giornalisti coraggiosi.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org