Iniziamo la nostra avventura alla scoperta dei beni culturali del nostro paese, iniziando da un piccolo e apparentemente irrilevante sito siracusano, la “grotta del Gigante”. Questa semplice grotta dal nome altisonante si trova nella splendida penisola della Maddalena, quel braccio di terra che chiude a sud il porto di Siracusa, accanto agli affilatissimi scogli della “Pillirina”. Un’enorme cavità calcarea di 500 m2 utilizzata, sin dall’antichità, come punto di avvistamento e difesa della città. Un punto strategico mimetizzato tra la vegetazione, un luogo da cui vedere senza essere visti, ultimo avamposto prima della città e quindi ultima speranza per avvertire la popolazione dell’arrivo degli invasori.

Camillo Camillani, ingegnere fiorentino che nella secondà metà del secolo XVI fu incaricato di redigere una relazione sullo stato delle fortificazioni siciliane e di fortificarne, di conseguenza, le coste, nel terzo libro della sua Descritione parla di questo sito come segue: «Dal Murro di Porco c’è miglio uno e due terzi, dove ci sta una posta di guardia di tre huomini a piedi, i quali fanno segnali de’ fumi et fuoghi: scoprendo vascelli nemici essendo di giorno fanno un fumo, et essendo di notte fanno tanti fani quanti sono i vascelli scoperti et mandano subito una fragatina (I “fani” erano segnali luminosi e la “freggatina” era una rapida imbarcazione militare di dimensioni ridotte) alla città essendo di giorno ed essendo di notte fanno i suddetti fani per avvisar il campanaro della detta città di Siracusa, il quale è lontano miglia sei».

Quindi, a sei miglia dalla suddetta grotta si trova il campanile del Duomo della città di Siracusa, con cui i tre soldati nella grotta comunicano, di giorno, inviando una piccola barca veloce e facendo segnali di fumo, di notte, accendendo fuochi, fani (M. Scarlata, L’opera di Camillo Camilliani, Roma 1993, p. 521). Questo antico metodo di comunicazione coinvolgeva l’intero sistema torriero che circonda la Sicilia ed era molto efficace per avvisare rapidamente la popolazione dell’intera Isola. Ancora nel XVIII secolo, un’altro personaggio sottolinea l’importanza strategica che questo sito aveva rivestito per la città di Siracusa. Padre Giovanni Andrea Mazza, della Compagnia del Gesù, nel 1709 pubblica un volume che descrive la topografia del litorale siciliano (dal titolo “La Sicilia in prospettiva cioè le città, castella, terre e luoghi esistenti e non esistenti in Sicilia, la topografia del littorale, li scogli, isole e penisole intorno ad essa”).

Egli cerca di giustificare lo strano nome di questa grotta, toponimo che sembra ancora sconosciuto al Camillani, con «la sua altura, dov’è la capanna, in cui per tutto l’anno si fermano li Guardiani contro li pirati; essendo molto alta era facilmente visibile dalla città con cui si metteva in comunicazione visiva in caso di avvistamenti nemici. Ancora oggi vi si trovano resti di strutture militari antiche e ben mimetizzate tra la vegetazione; cisterne per l’accumulo dell’acqua piovana e piccole torrette». Oggi la Grotta del Gigante esiste, stranamente le strutture militari della prima e della seconda guerra mondiale non hanno sfigurato questa testimonianza storica, si vedono ancora le antiche strutture militari ricavate scavando la roccia calcarea, le tracce delle cannoniere sono ancora evidenti sul terreno, i pastori la usano come rifugio e le mucche amano la sua natura verdeggiante.

Certo, un sito così andrebbe valorizzato! Si potrebbe spiegare sia ai turisti che ai cittadini la storia della nostra antica città facendo vivere quei rari luoghi rimasti al loro stato originale, magari giungendo via mare in quel piccolo molo scavato ai piedi della grotta e far vedere l’antico metodo di funzionamento dei fani, o giungendo a cavallo… o in bicicletta… No! Questa zona, come è già accaduto per l’ “Asparano”, verrà sfruttata per istallarvi un qualunque villaggio turistico, quindi visitatela e poi dimenticatela, perché probabilmente non la vedrete più!

Angelo De Grande –ilmegafono.org