1 Ottobre 2009- 9 Ottobre 2010: sono passati oltre 365 giorni da quell’orribile tragedia che ha scosso i cuori di moltissimi siciliani e di molti meno italiani. Il fiume di fango, scendendo dalla montagna, ha portato con sé tutto ciò che trovava: automobili, abitazioni, animali. C’è chi racconta dei propri cani che, sorpresi dall’alluvione, sono stati trascinati per km sino ad essere sbalzati giù da un ponte. Ma questo evento, seppur così atroce, è di poco conto rispetto ai drammi che si sono consumati in quelle ore. 37 sono state infatti le persone che il fiume di fango ha trascinato nella sua furia, dilaniandone i corpi e condannandole ad una morte terribile.

Anche i sopravissuti a Giampilieri hanno avuto la loro dose di dolore: oltre ad aver perso parenti e amici sotto il fango,  sono rimasti senza una casa per sé e per i propri cari. Nei 365 giorni seguenti cos’è stato fatto? Si è assistito, fatti salvi i primissimi giorni dopo la tragedia, ad un vergognoso silenzio. Silenzio che però è sembrato quasi benevolo, considerato che la maggior parte degli opinionisti e dei media italiani, così tanto attenti e comprensivi nei riguardi degli aquilani, non hanno saputo dare le medesime attenzioni a quegli altri fratelli devastati, che anzi sono stati subito accusati (ingiustamente è bene ricordarlo) di abusivismo.

Il silenzio e le accuse hanno certamente colpito i cuori di quelle persone già tanto scosse, ma non è stata la cosa peggiore che mamma Italia ha fatto loro. Il lato più negativo della situazione è l’inerzia di tutti i soggetti preposti alla messa in sicurezza dell’intera zona. Un’inerzia di cui è purtroppo difficile individuare i responsabili, dal momento che c’è un continuo scarica barile tra Stato-Regione-Protezione civile-Comuni. Ciò che è certo, è che Giampilieri versa in situazioni tutt’altro che sicure. Il fango è stato tolto dalle strade, ma guardare la montagna, visibilmente instabile, mette più paura che mai, specie alla vigilia di un nuovo inverno che ha già inferto le sue prime piogge, accolte con sgomento da tutti i messinesi, ormai consapevoli di quanto la pioggia possa far male al loro territorio.

Gli unici tentativi di messa in sicurezza sono avvenuti attraverso l’installazione di reti lungo alcuni tratti della montagna, tutta visibilmente a rischio frane. Metodi così inadeguati e vetusti stridono fortemente con le proposte che giungono in chiave di prevenzione. Qualche giorno fa, nella scuola “Simone Neri” di Giampilieri, è stato presentato uno studio portato avanti da un Gruppo di ricerca del Politecnico di Torino, in sinergia con la EnviSens Thecnologies srl. Una fantascientifica rete di monitoraggio che, attraverso l’installazione di radar X sui tetti delle abitazioni, consentirebbe la rappresentazione dei campi di pioggia nel raggio di 30 km.

Un sistema che sembra però essere davvero troppo moderno per una terra in cui già la mera messa in sicurezza di una montagna risulta essere un’impresa ardua. Che poco o nulla si sia fatto in termini di sicurezza non sono più solo gli abitanti della zona a denunciarlo,  visto che recentemente è arrivata una conferma “di tutto rispetto”. Lo scorso 5 ottobre, infatti, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dai Consumatori Associati avverso l’ordinanza del sindaco Mariano Briguglio che prevedeva l’obbligo di rientro nelle proprie case per gli abitanti di Guidomandri, frazione di Scaletta Zanclea, le cui abitazioni sorgono nelle cosidette “zone verdi”, le zone considerate non pericolose dalla Protezione civile.

Con questa sentenza, il Consiglio di Stato, dando sostanzialmente ragione agli abitanti spaventati, ha sospeso l’ordinanza di rientro sino a che il Comune di Scaletta non fornirà le prove dell’avvenuta messa in sicurezza dell’intera zona. Ed in effetti sembrerebbe che l’unica opera realmente eseguita a Guidomandri sia stata esclusivamente la riattivazione del sistema fognario del paese, lavoro che, per quanto necessario, risulta essere decisamente insufficiente a consentire ai sopravvissuti di dormire in quelle stesse abitazioni che appena un anno fa hanno rischiato di divenire la loro tomba.

Chissà se questa autorevole presa di posizione riuscirà finalmente a scuotere la situazione nel messinese ed a far attivare tutti i soggetti responsabili affinchè Giampilieri e le zone limitrofe cessino di essere paesi fantasma e possano tornare alla vita. Se a L’Aquila “domani è già qui” (come cita la canzone scritta per aiutare gli sfollati aquilani), nel messinese si è ancora fermi a ieri, anzi ad un anno fa, e questo stallo và interrotto subito, prima che altre vittime finiscano con il ravvivare quel dolore ancora non sopito, prima che altro sangue venga versato e disperso tra il fango.

Anna Serrapelle -ilmegafono.org