L’estate è già iniziata e tra poche settimane buona parte degli italiani sarà in giro a godersi il mare, mettendo da parte lavoro, pensieri e pressioni. Le tv nazionali parleranno di moda, vacanze, traffico sulle strade e, soprattutto, insisteranno sempre più sul caldo, sull’ennesimo record (si mettano d’accordo…), su rischi per la salute e metodi per prevenirli. Come sempre si cercherà di dare l’idea al popolo bue che anche i problemi vanno in vacanza e finiscono essiccati sotto il sole bollente di agosto. Peccato però che in questo Paese c’è sempre più gente per cui non esistono vacanze, non esistono momenti di distacco dai propri problemi, dalle ansie, dall’incertezza di un presente fragile e di un futuro che appare sempre più buio. C’è una massa di persone che ha perso la speranza e che si avvia verso una lacerante rassegnazione. Qualcuno invece cerca di controllare la propria rabbia, che si alimenta quotidianamente di fronte agli squarci di verità che, lentamente, si stanno aprendo tra le mura del potere. Da un lato c’è l’Italia delle cricche, che si sciala tra impunità e denaro, dall’altro c’è l’Italia dei disoccupati, dei licenziati, dei cassintegrati, dei giovani esclusi da tutto, dei migranti che convivono con lo sfruttamento e con la paura di essere rispediti a casa o nell’inferno libico.

Siamo dinnanzi ad uno dei momenti peggiori della nostra democrazia, in cui ad attentare alle nostre istituzioni e alla nostra Costituzione non sono bande di terroristi o fanatici sovversivi, ma sono le istituzioni stesse, con la complicità di poteri occulti, capaci di tutto, di condizionare l’attività legislativa, di mettere in ginocchio un’intera nazione in nome di affari privati e di casta. E il popolo che fa? Dorme, immerso in un sonno profondo che forse svanirà solo quando non ci sarà più un letto su cui adagiarsi. Forse si sveglieranno tutti quando vedranno che attorno non ci sarà più nulla, nemmeno le cose più scontate. Il nostro è un Paese che si sta suicidando, economicamente, culturalmente, politicamente, affondando sul piano morale e sociale. Sono in pochi ad accorgersene ed a cercare di resistere. Nelle scuole e nelle università si lotta in solitudine contro una riforma che punta a distruggere i luoghi di formazione culturale per eccellenza in un Paese moderno. La ricerca, l’educazione, la cultura sono fantasmi da scacciare via per chi detiene il potere cercando di abbassare la coscienza critica dei cittadini per drogare il consenso.

Strategia efficace, dal momento che un popolo rozzo e individualista, attaccato alla “roba”, all’idea fissa di un benessere innanzitutto materiale, incapace di respirare l’aria pulita del pensiero e della libertà, di condividere con altri il senso della giustizia e dell’uguaglianza, perde ogni coscienza, si smarrisce, finisce per diventare servo di chiunque gli offra una mollica di pane. L’italiano si è chiuso dentro il proprio giardino; e allora, chi lotta è sempre solo, prova a bussare alle porte dei vicini per invitarli a scendere in strada, ma non riceve risposta: da dentro le case si ode solo il volume troppo elevato della tv, ma nessun’altra voce. Così, ad esempio, nonostante la difesa della scuola pubblica sia qualcosa che riguarderà tutti noi, i nostri figli, le generazioni che da noi verranno, continuiamo a lasciare soli coloro che combattono e protestano contro chi vuole distruggerla. Allo stesso modo, nonostante l’accordo proposto dalla Fiat a Pomigliano metta in discussione ed in serio pericolo diritti fondamentali della nostra Repubblica, lasciamo da soli gli operai della Fiom a difendere il loro lavoro e il nostro futuro. Manca assolutamente quella solidarietà sociale che tante conquiste ha prodotto nella storia di questo Paese.

Ognuno è per conto suo, rinchiuso nelle proprie stanze, invaso da paure irrazionali e da un’indifferenza crudele. Paura e indifferenza: il mix perfetto per ignorare la grande tragedia quotidiana che centinaia di migliaia di immigrati vivono nel nostro Paese o nel mare antistante. La vicenda dei braccianti stagionali di Rosarno, quella dei respingimenti in Libia, frutto di un accordo criminale con un regime che sputa sopra ai diritti umani, quanta gente hanno realmente fatto indignare? Solo chi da sempre si batte affinché l’Italia sia una nazione civile, aperta, umana. Tutte caratteristiche che non ci appartengono più o forse non ci hanno mai appartenuto. Gli italiani non sono “brava gente”, sono solo più ipocriti di altri e questo li aiuta a mostrare pubblicamente una faccia più buona rispetto al ghigno marcio della loro anima. Il meglio di questo Stato vive nei sobborghi dello Stato stesso, in solitudine, lottando con ogni forza, subendo ritorsioni, minacce, umiliazioni. Soltanto lì, nelle periferie della società ovattata e frivola che chi comanda ci mostra, è possibile trovare i livelli giusti di indignazione. Il resto del Paese non si indigna più. Eppure le occasioni non mancano. Abbiamo scoperto in breve che la P2 non è mai morta, anzi è salita di livello, si è radicata sempre più, ha rotto gli indugi e preso in mano il potere.

Abbiamo scoperto che lo Stato attorno a cui ci siamo stretti dopo le terribili stragi del 1992, in realtà era probabilmente uno dei registi principali di quello scenario di morte. Abbiamo sentito un condannato per mafia gioire per aver preso due anni di meno rispetto alla richiesta del pm e continuare a definire eroe un mafioso pluriomicida. Abbiamo visto che, in Italia, mentre la gente si impoverisce e i giovani smettono di sognare, ci sono potenti che si fanno regalare case e beni di lusso da corruttori in libertà. Abbiamo assistito e ancora assistiamo al tentativo di mettere il bavaglio all’informazione, al libero pensiero, al dissenso, alla giustizia. Abbiamo assistito al pestaggio della gente aquilana che protestava per i propri diritti, dopo che per un anno il governo ha usato la loro città ed il loro dolore per riempire le casse della propaganda e non solo. Eppure, dinnanzi a ciò, nessuno ha invaso le piazze. Nessuno ha assediato il Parlamento, come avvenuto in altri paesi.

Anzi, dinnanzi al pestaggio degli aquilani mi è venuto l’amaro sospetto, del tutto personale, che quella stessa gente con le facce insanguinate, alle prossime elezioni, sarebbe capace di votare ancora per chi ha ordinato alla polizia di usare il pugno duro e i manganelli. Perché noi italiani siamo capaci di tutto questo. E non mancano certo gli esempi e i precedenti. Ed allora per molti connazionali queste vacanze saranno una manna dal cielo, perché forniranno l’alibi ideale per non pensare, per mettere di lato la propria colpevole abulia, per rinviare una lotta a cui prima o poi si dovrà arrivare. Perché delegare agli altri non sarà possibile all’infinito e allora bisognerà difendere e costruire in prima persona il proprio domani, iniziando però dal rivendicare il proprio presente. E sarà quello il momento in cui non si potrà più non scegliere. Bisognerà schierarsi. Intanto, però, in attesa di quei giorni, qui si sente solo il respiro pesante di un sonno profondo. E non è proprio il caso di augurare all’Italia una buona e serena notte. Al massimo possiamo sperare che questa notte porti consiglio e che dall’oscurità nasca un germoglio.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org